Michelle Hunziker, la setta e i life-coach "da schiaffeggiare"

Sabato sul Corriere è apparso un articolo intervista a Michelle Hunziker, poi ripreso da Vanity Fair e altre testate. La showgirl racconta di come per cinque anni sia stata ostaggio di una setta che ne controllava l'esistenza: lavaggio del cervello, minacce di morte, relazioni condizionate, telefonate filtrate e - ovviamente - tantissimi soldi scuciti. Poi la dichiarazione che mi lascia sgomento: «È un’epoca infestata dai life-coach: solo a sentire la parola mi viene da schiaffeggiarli, il maestro di te stesso sei solo tu».
Che cosa c'entrerebbero i coach in questa spiacevole vicenda, di grazia? E quando mai un coach si porrebbe come il "maestro di te stesso"? Allora, benché un po' ferito dalle parole di Michelle, avverto non tanto il bisogno di difendere me stesso e la professione che svolgo, quanto il dovere di fare chiarezza in un mondo notoriamente popolato anche da cialtroni. 1. Un coach non ti insegna, suggerisce né tanto meno ordina nulla. E' l'enorme differenza tra un coach e, ad esempio, un consulente: non ti fornisce soluzioni o verità pronte. Ti aiuta a fare chiarezza sui TUOI obiettivi, sui TUOI valori, sulle TUE priorità, da cui scaturiranno le TUE strategie e le TUE azioni per arrivare dove vuoi. 2. Il coach a tutti gli effetti un tuo pari. Diversamente, da psicologi, consulenti, mentori, santoni e guru. A tutti gli effetti è la figura più diametralmente opposta che ci possa essere al tipo ci ciarlatano carismatico che ha raggirato la signora Hunziker. Il suo compito consiste unicamente nell'agevolare la piena espressione delle risorse e potenzialità del cliente, assolutamente non di indirizzarne né tanto meno controllarne la volontà. Io lascio scegliere ai miei clienti anche la cadenza degli incontri. 3. Il coach non dà risposte, non fa domande. Il coach non parla, ascolta. Il coach non si serve, il coach serve. Per il coach, vale precisamente la seconda parte della dichiarazione di Michelle, e cioè che "il maestro di te stesso sei solo tu". Perché allora prendersela proprio con i coach? 4. Il coaching nasce in ambito sportivo per poi diffondersi in azienda e in privato proprio perché favorisce la crescita libera e spontanea delle persone, addestrandone in modo automatico l'intraprendenza, lo spirito di decisione e l'indipendenza. Anche dal coach. Perché il coaching ha un inizio e una fine, entrambi stabiliti solo dal cliente. Non come certe "terapie" che si protraggono per 25 anni... 5. International Coach Federation (ICF) definisce gli standard mondiali per la formazione dei coach professionisti. Anche in Italia esistono decine di scuole e associazioni che invece si certificano da sole. Quando vi rivolgete a un coach, richiedetegli delle credenziali che attestino una formazione certificata ICF.