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MENTAL TRAINING: NON E' (SOLO) QUESTIONE DI TECNICHE


Più mi guardo intorno, più mi rendo conto che il Mental Training sta ricadendo nello stesso errore che ne ha resa necessaria la diffusione. Si ritiene cioè che la preparazione mentale consista essenzialmente nell'apprendimento, allenamento e utilizzo di 'tecniche' mentali per il miglioramento delle prestazioni. Di qui, tanti corsi di mental training molto simili l'uno all'altro. Un po' di visualizzazione, un po' di rilassamento, definizione obiettivi SMART, qualche trucchetto per distrarsi meno e tenere a bada le emozioni negative. Intendiamoci, tutto giusto. E tutto utile. Ma fuorviante. Come fuorviante e controproducente è allenare di più nella tecnica un atleta che ha sbagliato perché schiacciato dall'emozione. Quante volte abbiamo visto un atleta eseguire correttamente 1000 volte in prova, per poi sbagliare subito in gara? Allora il problema non può essere la tecnica, ma prima di tutto il modo in cui l'atleta vive la competizione. Le sue motivazioni. I suoi obiettivi. I suoi desideri più profondi e talvolta inconfessati, persino a se stesso. Sono questi i motori del nostro agire. E insieme le cause prime del nostro autosabotarci. Il Mental Training allora deve partire da qui. Dall'ascolto di ogni singola persona, della sua storia, dei suoi sentimenti, delle sue aspirazioni. Non ci può essere Mental Training senza Coaching. Senza domande potenti, senza ascolto profondo, durante il quale il coach dimentichi completamente se stesso e quanto vorrebbe insegnare, per aprirsi invece lui alla delicata scoperta della persona (e non solo dell'atleta) che ha davanti. La preparazione mentale è indispensabile nello sport agonistico. A qualsiasi livello. A qualsiasi età. E' una questione di tutela della salute e di educazione allo sport, non di prestazioni. Ma quando vi rivolgete a un Mental Coach, fate attenzione. Se parla solo lui, c'è il rischio che abbia ben poco da insegnarvi.

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